Bearable Lightness

Bearable Lightness

 

LA COLLEZIONISTA DI VAPORE ACQUEO

Ho rivisto Fiorella, dopo tanti anni. Uguale precisa come allora. Fa l’insegnante e, sorpresa, oltre a molte altre cose, fa fotografie. Me le ha mostrate. Sono fotografie di nuvole. Cirri cumuli strati. Bianche rosee grigie. Nuvole, cieli interi di nuvole quasi sempre senza alcun appoggio terrestre, una intera collezione di nuvole, raccolta nei cieli di un intero emisfero (Fiorella predilige i cieli del nord Europa).

Sa benissimo, Fiorella, di non avere scoperto l’America. C’è una fascinazione per le nuvole che trapunge come un’imbastitura tutta la storia della fotografia, che ha piegato le lenti di decine di fotografi verso lo Zenit.

Le nuvole ossessionavano Gustave Le Gray, ad esempio: che non riusciva a scolpirle come voleva nei suoi paesaggi marini, e s’inventò allora la doppia esposizione, una lastra per il cielo una per il mare, poi le sovrapponeva, un vero sandwich acqueo. Al Profilo delle nuvole dedicò un libro Luigi Ghirri che era delle nostre parti (mie e di Fiorella), cioè un uomo delle pianure, e nella gran Padana le nuvole sono le uniche montagne su cui immaginare le nostre discese ardite, e le risalite. Però Luigi non le lasciava mai sole, lui le nuvole le metteva dietro le vite degli uomini e dietro i loro segni artificiali, a fare da quinte nel suo teatro artificiale del paesaggio.

Alfred Stieglitz invece, lo sanno tutti, è stato il cantore più devoto delle nuvole pure e semplici: nei suoi Equivalents puntava l’obiettivo sul cielo, escludendo qualsiasi lembo d’orizzonte, e davvero se la giocava tutta, la sua reputazione, ben sapendo che di fronte ai leopardiani interminati spazi dell’infinito non c’è per il fotografo alcuna possibilità di comporre, di mettere in posa, di selezionare il punto di vista e la prospettiva, quando mira al cielo, come un orante, il fotografo è spogliato di ogni aggressività, di ogni cultura, tranne il rettangolo dell’inquadratura, e davvero la visione così si distilla in un solo sapere, sapore, atto, decisione.

La passione di Fiorella, ho saputo, non è solo sua. Ho scoperto grazie a lei un mondo intero di cloud-spotters che si scambiano immagini, esperienze, consigli, letture. Credo di capire il fascino di questa caccia a prede così impalpabili. Lo lascio spiegare a Fiorella:

La sfida con le nuvole è che sono velocissime e cambiano repentinamente. Tu vedi una nuvola che assomiglia a qualcosa, un cumulonembo spaventoso, una straordinaria lenticolare che sembra una nave spaziale ma se non sei rapido nel cogliere l’attimo, tutto si dissolve velocemente. Devi fermarti, ovunque e subito, precipitarti sulla tua Leica che porti sempre con te, scendere dall’auto sul bordo della strada, ignorare le persone che ti stanno parlando, trovare la giusta posizione e scattare. Lo scatto è il mandala, l’attimo raccolto, l’allineamento perfetto.

Quel che mi chiedo: e poi? Tutta l’emozione sembra concentrata nel momento dello scatto, della sfida al transeunte, dei giorni perduti a rincorrere il vento. Ma dopo? Le immagini finiscono in una raccolta, in un archivio, e qui nel regno del permanente che cosa ne resta, delle nuvole fuggitive?

Mi torna in mente un saggio celebre di Italo Calvino: il suo stupore di fronte alla “Collezione di sabbia” di un amico viaggiatore. Le cui prede, arene e polveri da tutto il mondo, erano raccolte in boccette trasparenti, poi etichettate per provenienza e allineate sugli scaffali. Collana di souvenir, anomalo suggestivo diario di viaggio, ma non abbiamo ancora spiegato nulla di queste monomanie. Nuvole, sabbie, qualsiasi prelievo seriale delle infinite variazioni di un identico: perché? “Bisogno di trasformare lo scorrere della propria esistenza in una serie d’oggetti salvati dalla dispersione”, ipotizza Calvino.

E allora, mi spiace, a questo fine le nuvole battono le sabbie: perché queste, benché infinitamente rimescolate dal vento, dalle onde e dalle mani dei bambini, resteranno pur sempre concrete, palpabili, oggettive: qualsiasi spiaggia è pur sempre un cumulo di sabbie, e quando ne hai prelevata una fialetta, resta una spiaggia. Mentre una nuvola non è solo un cumulo di molecole d’acqua allo stato gassoso: è una forma mutevole che esiste in quel modo solo nell’occhio di chi la guarda, solo nel momento in cui viene guardata, non è la stessa nuvola per tutti e comunque non tornerà mai più assieme in quella forma. Collezionare, possedere le nuvole è la prometeica ambizione di un’anima che rimpiange il tempo che scorre.

E senza la fotografia lo perderebbe.

Michele Smargiassi