Foresta Primitiva

Foresta Primitiva | Wistman’s Wood

 


Il paesaggio naturale di Wistman’s wood è una realtà fatta di figure come entità, emblemi ancora persistenti e divini. Questo è il luogo di un altro paradiso che possiamo nominare e i suoi colori sono inesauribili; il variare infinito della luce con il fuggire inesausto delle stagioni dispone questo ambiente primitivo a un assetto organicamente istintivo e, come dire, poetico. Il viaggio per arrivare alla foresta incantata è invece un movimento incostante che dapprima tocca le cose mostrandoci la loro icastica e perpetua freddezza. Infatti la foresta primitiva non è distante dalla vista del carcere costruito nell’Ottocento, di mattoni squadrati e scuri, che dall’alto signoreggia sulle colline così ventose e nebbiose del Devon. Proprio in quel luogo e in quei luoghi la cosa, quasi davvero innaturale, che colpisce è la mancanza di una storia. Su quel suolo verdissimo in apparenza così incontaminato saranno passati eserciti, con le spade si sarà combattuto, ma i residui terrestri, gli elementi di costruzioni primitive, i tumuli lastricati e neri che sfuggono su altre colline all’orizzonte, resistono all’incedere vorticoso delle stagioni e al tempo spesso tenebroso della storia. Dunque Wistman’s wood è un sito che si eterna e i cerchi di pietra sono rituali verso l’assoluto, verso dèi che ci appaiono adesso sconosciuti. Il lavoro fotografico di Fiorella lacono ritrova quelle figure ramificate di un tempo millenario che possiamo chiamare divine com’è la forza fisica e ammirevole degli alberi attraversati dalla luce del mattino. Non sono scatti-istanti legati alla trasformazione di un paesaggio, è il paesaggio-istante che entra necessario e improvviso nella pellicola per starci con la maestà della sua natura. Il luogo è placidamente immobile al fianco di una piccola vallata, sulla foresta incombe nel corso di ere geologiche un diluvio di grandi pietre; ma può essere, per chi segna per sempre con una sua fotografia questo posto, un paesaggio tanto reale da essere un paesaggio estremo della mente, adesso lui stesso luogo sacro e innocente. E la sua vera trasformazione, da paesaggio reale a Paesaggio dell’immaginazione, nei contrasto l’immagine fotografica e la sua identità primitiva, si materializza attraverso i vetri illuminati della Sala delle Mappe dell’Archivio di Stato. Ora queste presunte divinità con i loro rami che quasi fuoriescono dalle teche realizzano una vegetazione in vitro, la visione di un erbario medievale esposto fuori dal suo elemento naturale. Qui il viaggio verso Wistman’s wood finisce ma ritrova, in maniera inequivocabile, il suo perfetto inizio.

Andrea Gibellini